Italo Calvino, “Le Cosmicomiche”

Recensire Italo Calvino in questo piccolo spazio? Beh, nella sostanza è come pretendere di illustrare il Trittico delle Delizie di Hieronymus Bosch con un SMS!
Sì, voglio dire: discorrendo del precedente libro letto – in ordine di tempo – ovvero L’inviato speciale di Waugh, affermavo che vi sono libri nei quali gli autori sono stati così abili nel di trattare la tematica narrata, non solo stilisticamente intendo, da fare che quei libri assumano un valore letterario che va’ oltre il mero giudizio critico, oltre il semplice piace/non piace – e quello di Waugh è uno di quei libri.
Nel caso di Calvino, viceversa e – è proprio il caso di dirlo – paradossalmente, ci si trova di fronte a opere talmente bizzarre eppure coinvolgenti, tanto stranianti quanto penetranti, così favolistiche eppure così profonde, da sfuggire a qualsiasi giudizio che non prenda inevitabilmente la forma d’un ponderoso saggio, opere lontanissime dalle poche parole che necessariamente una recensione ordinaria può concedersi come pianeti extragalattici di fronte a elementari binocoli, per cui al lettore non resta che affidarsi al più primitivo (e per certi versi rozzo) degli apprezzamenti, il già citato piace/non piace… Paradossalmente, come detto, ma pressoché ineluttabilmente, quando si è affrontata la lettura di un’opera come Le Cosmicomiche (Oscar Mondadori) – non a caso raccontavo poco sopra di pianeti extragalattici ovvero di cose fuori dal (nostro) mondo… In fondo l’intera opera di Calvino, non solo quella più prettamente “fantastica”, porta più volte il lettore di fronte a paradossi, fin dal carattere particolare e originale che essa presenta, e che ne Le Cosmicomiche risulta alquanti chiaro: una narrazione che per certi versi ricorda quella delle favole, storie narrate che spesso non risultano granché strutturate, ovvero nelle quali è a volte difficile ritrovare una vera e propria trama, personaggi non solo irreali ma anche buffi e strampalati – non solo nella forma, appunto… Eppure, oltre tutto questo, o da questo in poi, una profondità quasi irraggiungibile, un’esplorazione di una dimensione del tutto aliena eppure facilmente percepibile appena accanto alla normale realtà, un viaggio un po’ onirico, un po’ surreale, un po’ astrale, ma sempre molto concreto, verso universi entro i quali tutto è assai diverso, dunque tutto è assai simile – quasi uguale – al mondo che ci ritroviamo intorno nella nostra vita quotidiana. Con in più questa volta, ne Le Cosmicomiche, una scenografia di fondo realmente ultraterrena, che Calvino ricava da letture di testi di astronomia, di astrofisica e di cosmogonia e cogliendo da essi i più disparati spunti dai quali ricavare le dodici Cosmicomiche – racconti brevi, in sostanza – che compongono l’opera.
Detto questo che, sia chiaro, ha lo scopo soprattutto di rimarcare – ultimo e non ultimo dopo innumerevoli – la grandezza del grande scrittore italiano, non si può non notare che Le Cosmicomiche sono peraltro un libro non così facile da leggere, anzi, piuttosto impegnativo. Il viaggio neo-cosmogonico nel quale trascina il lettore, trasportandolo appunto verso scenari e situazioni a dir poco straordinarie con un’intensità che impegna parecchio anche la mente, è sicuramente ben più ostico di quello che la stragrande maggioranza di libri in circolazione richiedono… E’ una lettura che non può scorrere via liscia come per certe opere più votate al normale “intrattenimento letterario”, che non può non implicare nel lettore un livello di attenzione più elevato del solito, e un’inevitabile condizione di briglia sciolta alla fantasia e all’immaginazione, il che appunto richiede infine un impegno non indifferente nel “controllare” la lettura stessa. D’altro canto, leggere questo libro è anche una sfida, sotto molti aspetti, che può certamente diventare un’avventura esaltante – ma anche uno sforzo troppo acuto, come può accadere per ogni esplorazione d’una qualche dimensione fuori dall’ordinario. Ma, in ogni caso, non bisogna dimenticare che la lettura de Le Cosmicomiche – come di tutto Calvino – è un passaggio fondamentale nella conoscenza della letteratura italiana del Novecento, necessario per meglio comprendere quanto di buono (di buono ho scritto, chiaro?) si scriva oggi e da dove ciò venga, così come per meglio interpretare quanto di fruttuoso venne scritto prima, dalle avanguardie di inizio ventesimo secolo in poi – un secolo per l’arte del quale Italo Calvino ha rappresentato un meraviglioso apice.
Libro da leggere, ma – appunto – a qualcuno non piacerà! D’altronde, per molti il cosmo è soltanto una specie di piazzale asfaltato qui e là cosparso di lucine e sul quale rotola una specie di palla bianchiccia che chiamano Luna…

Una risposta a Italo Calvino, “Le Cosmicomiche”

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